“Questo ve l'ho detto tre volte, e perciò è vero.”
(in La caccia allo Snark, 1874)
Chi c'è dietro i grandi personaggi della letteratura per l'infanzia?
Cosa c'è nelle loro storie che ha a che fare con la dimensione bambina?
Uno sguardo dal buco della serratura dedicato alla grande autore Lewis Carroll
Charles Lutwidge Dodgson (Daresbury, 27 gennaio 1832 – Guildford, 14 gennaio 1898)
Charles Lutwidge Dodgson, meglio noto come Lewis Carroll, non è stato solo scrittore, severo professore di Oxford, matematico e prete anglicano britannico.
Legato indissolubilmente alla figura di Alice nel paese della meraviglie, primo grande classico della letteratura per l’infanzia, è meno conosciuta la sua passione per uno degli hobby tra i più moderni e alla moda in circolazione nell’Inghilterra vittoriana: la fotografia.
Dedica alla neonata arte quasi un quarto di secolo di scatti: dall'età di ventiquattro anni produce oltre tremila fotografie.
Realizza centinaia di ritratti: amici, colleghi, celebrità dell'epoca, ma i più noti sono i bambini.
Nei suoi scatti non troviamo beneducate piccole personcine della buona società inglese, ma pomeriggi di gioco e di trasparente finzione, oggetti di scena e baffi finti, per ridere degli adulti e della convezioni sociali, per immaginarsi altrove, dove le cuciture e i bordi dei fondali non sono visibili.
Autore dei sonni indisturbati, dei travestimenti improvvisati, di luci morbide e cornici sognanti, Carroll si disfa del pesante fardello della simbologia vittoriana e ritrae i suoi giovani modelli come eroi e fate, creature dei boschi dai vestiti orientali che suonano violini e custodiscono mazzolini di fiori.
Secondo Flusser, filosofo dei media, il fotografo è colui che trova nell’oscurità della scatola il motivo per fotografare: Carroll racconta la perdita e il dramma della crescita.
È necessario seppellire l’infanzia per crescere, e crescere è angosciante, è un cambiamento inevitabile e drammatico, per crescere bisogna imparare regole e convenzioni della società per nascere adulti.
E forse adulto, Carroll non si davvero è mai sentito; si racconta che in loro presenza balbettasse, mentre quella che chiamava la sua "esitazione" sembrava scomparire tra i bambini.
Le sue foto, come il libro regalato ad Alice Liddell, assumono le vesti di un dono funerario: Carroll intuisce che quei bambini che si sono firmati nell’angolo di ogni stampa, moriranno, non esisteranno più, rimarranno sottoterra.
Alice's Adventures Under Ground era infatti il titolo del manoscritto originale.
La fotografia permette così di im-morta-lare i bambini, rendere eterni i protagonisti di quel momento catturato nel tempo, impressi per sempre nella lastra, fermi in una condizione irripetibile come l’infanzia.
La macchina fotografica potrebbe essere la cunegunda di Lewis?
Una lente che permette la possibilità di una non crescita, con cui fermare ed imprimere una precisa idea di bellezza, grazia, perfezione morale, estetica e fisica che Lewis era convinto di poter trovare solamente nell’infanzia.
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